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Il patriarcato non è la Torre di Pisa

Il patriarcato è la parte storta della nostra cultura e della nostra società. Ma a differenza della Torre di Pisa, non è un’opera da mantenere e ammirare in quanto tale. È un abuso. Ci sono delle fondamenta da rifare, è una struttura che va abbattuta per potere costruire qualcosa di nuovo e diverso, che dia senso alle differenze e che garantisca il rispetto delle persone, tutte.

Uomini, se siamo veramente bravi a “fare”, è ora di rimboccarci le maniche e iniziare a costruire delle alternative. C’è da agire ora, c’è da prenderci la responsabilità dei nostri comportamenti (anche di quello che non facciamo), c’è da fare cultura, c’è da interrogarci prima di tutto su noi stessi.

Lo sdegno, la condanna, la rabbia a posteriori non sono sufficienti. Rischiano di essere dei paravento per evitare di affrontare i problemi reali. C’è da fare fatica. C’è da guardarci allo specchio e negli altri uomini.

Abbiamo la responsabilità di educare, noi stessi, il nostro genere. E per poterlo fare è necessario riconoscere la violenza, è necessario dare un nome a tutti quei comportamenti che riteniamo “normali” ma che normali non sono. I nomi che possiamo certamente dare sono patriarcato, privilegio, violenza.

Lo chiedo a te, uomo: quali altri nomi possiamo dare?

Quanta sofferenza deve esserci ancora prima che la nostra coscienza si muova? Al 18 novembre siamo arrivati a 105 femminicidi e l’anno ancora non è finito. Purtroppo, questo numero aumenterà prima del 31 dicembre.

Il 25 novembre è la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne. Il minimo che puoi fare è partecipare agli eventi presenti sul territorio, portando con te almeno un altro uomo. Per informarti, per ascoltare il dolore e la rabbia delle donne che ogni giorno subiscono la violenza maschile. E dal giorno dopo attivati per fare sì che il 25 novembre non sia solo una scusa per dire “io ho fatto il mio”.

Il patriarcato non è la Torre di Pisa. Pende e dovrà pendere sempre di più, finché non lo butteremo a terra, per liberare lo spazio necessario ad evolvere e costruire qualcosa di nuovo, migliore, rispettoso.

@Renè Magritte, 1958

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